Metri quadri in visura
catastale: pro e contro
L’inserimento dei metri quadri (reali e ai fini TARI) in visura catastale è un passo avanti del Catasto Digitale, che rende più trasparenti i dati sugli immobili e, forse, prepara la strada verso la Riforma del Catasto, che doveva essere compresa nella delega fiscale ma rinviata a data da destinarsi. Ma ci sono punti critici:
- i mq del Catasto devono corrispondere a quelli delle planimetrie, in caso contrario il contribuente deve attivare una procedura non semplicissima, e si teme una complessa fase di transizione per rendere coerenti tutti i dati;
- non bisogna fare confusione, perché ai fini fiscali continuerà a essere utilizzata la rendita catastale basata sui vani.
Analizziamo i pro e i contro della novità annunciata dall’Agenzia delle Entrate, che dal 9 novembre mette a disposizione dei contribuenti, in visura catastale, i nuovi dati sui metri quadri dell’immobile (se appartenente ai gruppi A,B,C).
Secondo l’Agenzia delle Entrate, si tratta di una semplificazione per i contribuenti, che possono accedere direttamente e facilmente a dati prima disponibili solo ai professionisti. La cosa più importante è fare attenzione alle due diverse voci relative ai metri quadri in visura catastale e al loro utilizzo.
Ai fini commerciali
- Il dato sulla superficie complessiva dell’immobile è utile ad esempio per operazioni di compravendita: non bisognerà più fare complicate ricerche per verificare se le superfici indicate dal venditore si riferiscono ai mq commerciali o calpestabili.
- Il dato sui metri quadri in visura catastale permette di calcolare velocemente il valore commerciale di un immobile partendo, ad esempio, dalle quotazioni immobiliari OMI pubblicate semestralmente dall’Agenzia delle Entrate: sarà più facile identificare superfici “gonfiate” in sede di vendita e stimare il valore di mercato di un immobile.
Ai fini fiscali
Resta però il punto dolente rappresentato dal valore ai fini fiscali e qui il discorso si complica. Per le tasse sugli immobili, ovvero IMU e TASI, il valore di riferimento continua a essere la rendita catastale, che fino a quando non sarà messa a punto la Riforma del Catasto continuerà a basarsi sul numero dei vani. Risultato: non si risolve il nodo centrale rappresentato dal disallineamento fra rendite catastali e valore di mercato degli immobili. Nell’attesa della Riforma del Catasto, quindi, il contribuente continuerà a pagare IMU e TASI con le stesse regole di prima, non cambia nulla.
Ai fini TARI
Infine, c’è un terzo valore, la superficie ai fini TARI: sono i metri quadri calpestabili senza muri e spazi aperti (balconi, terrazzi). Qui, da una parte, come sottolinea l’Agenzia delle Entrate, per il contribuente c’è una semplificazione: stop auto-dichiarazione perché il dato su cui il Comune di basa per calcolare la TARI è quello in visura. Anche qui, però, c’è un “ma“: nel caso in cui il possessore dell’immobile rilevi incongruenza fra il dato inserito in visura e quello in proprio possesso, deve attivare la procedura Docfa, per aggiornare i dati catastali inserendo le novità nella planimetria. Questo è un passaggio non semplice: è vero che è lo stesso che veniva già utilizzato prima, ma si teme un alto numero di casi in cui il dato del Fisco non corrisponde a quello in planimetria.
Rettifiche
In generale, sia per quanto riguarda le superfici complessive (utili in caso di operazioni sul mercato), sia per la TARI, in tutti i casi in cui il proprietario ha realizzato dei lavori – magari anche comunicandoli al Comune ma senza registrarli all’Anagrafe Tributari – si prevedono procedure di rettifica. Il Fisco mette a disposizione dei contribuenti la possibilità di formulare osservazioni direttamente online dal sito dell’Agenzia delle Entrate. Resta il fatto che proprietari di immobili, e professionisti, rischiano di dover fare una serie di aggiornamenti senza sapere per quanto tempo saranno validi, visto che (almeno in teoria), nel 2016 dovrebbe arrivare la Riforma del Catasto, che baserà sui metri quadri anche il prelievo fiscale.
Redditometro
C’è anche chi teme un impatto sul Redditometro (che misura la coerenza fra guadagni e spese dei contribuenti): i dati relativi agli immobili sono fra quelli che l’amministrazione finanziaria “conosce” e quindi può prendere come riferimento, grazie all’Anagrafe Tributaria. Quindi, in pratica, la nuova informazione sui metri quadri avrà una valenza anche sul fronte del Redditometro. Il problema potrebbe essere più teorico che non pratico: quando scatta un controllo il Fisco è in grado di avere tutti i dati su immobili e operazioni effettuate.
In definitiva, il punto maggiormente critico è rappresentato dall’incertezza relativa alla futura Riforma del Catasto: quando il governo decise di stralciare questo capitolo dalla Riforma Fiscale, ha indicato un rinvio per poter, nel frattempo, attuare la riforma delle tasse sugli immobili, ovvero di TASI e IMU, per poter assicurare la neutralità della Riforma ai fini fiscali (significa che i proprietari non dovranno pagare più tasse sugli immobili).